Spesso percorrendo le strade del nostro centro storico ammirando col naso all’insu’ quello di più bello che ci possa offrire, dimentichiamo o meglio non siamo a conoscenza che sotto i nostri piedi ci sono chiese in grotta, camminamenti sotterranei e grandi locali nascosti… purtroppo il loro continuo riuso, con scopi abitativi ed attività di lavoro diverse da quelle originarie ha determinato una serie di adattamenti che si sono stratificati e che ad oggi sono difficili da leggere e riordinare cronologicamente.
Una di queste cavità che spesso ritroviamo disseminate per le varie viuzze del borgo antico sono le “Fovee”.
Dal latino Fovea= fossa , cavità, buca.
Sono grossi granai o cisterne di età messapica che fino ai primi del ‘900 ed oltre venivano utilizzati per conservare i prodotti della terra durante il periodo invernale.
Le origini storiche si perdono nella notte dei tempi, sappiamo ad esempio che Plinio il Vecchio nell’opera “naturalis historia“, scrive di granai in pozzi utilizzati in Cappadocia, Tracia, Spagna e a Cartagine, serbatoi campaniformi per la raccolta di vettovaglie insomma, anche Varrone nel “De rustica” scrive che alcuni popoli hanno per granai spelonche sotterranee chiamate “sirus”.
Le ritroviamo citate nei documenti a partire dal 1205, l’insieme di queste fovee costituiva un foveario, Castellaneta ne ebbe uno denominato di San Pietro (per la vicinanza all’omonima chiesa nei pressi della porta “necata”) che integrava tra le varie fosse una grande cisterna che funse da grande riserva d’acqua fino alla costruzione dell’acquedotto.
Insomma queste buche scavate nella roccia erano studiate e poste in luoghi completamente asciutti, garantendo una temperatura costante favorivano la conservazione del grano e vettovaglie in genere, soggette ad una accurata manutenzione costante la bocca della cavità era coperta sempre con tavole in legno che oltre a favorire la circolazione anche se minima d’aria e la fuoriuscita di gas sprigionati dalle granaglie proteggevano queste scorte di cibo anche dalla presenza di ratti.
Concludendo attingiamo da fonti certe che a Castellaneta le fovee c’erano e ci sono tutt’oggi, poco visibili ai più, ma riportate alla luce da parte dell’ associazione Culturale “Amici delle Gravine di Castellaneta” che nel corso degli ultimi anni grazie ai continui sopralluoghi e studio della toponomastica, hanno individuato non solo il foveario di San Pietro, in parte oggi visitabile, ma anche un’insieme di altri foveari fuori delle mura di cinta, per secoli rimasti sotto una coltre di cenere, rappresentando per Castellaneta un importante centro di raccolta e conservazione cerealicola.
Ora durante i tour della Castellaneta Sotterranea mostrati e raccontati nella loro storia millenaria