Durante la Trasmissione televisiva di Linea Verde andata in onda Domenica 29 Novembre, l’Associazione Amici della Gravine di Castellaneta parte attiva nelle riprese, ha rivelato un inedito pezzo di storia sotterranea della nostra città, identificato grazie alla preziosa collaborazione con l’archeologa Mina Castronovi, che durante i suoi sopralluoghi nella Castellaneta Sotterranea ha saputo dare un valore tecnico scientifico a quanto portato alla luce negli anni dagli Amici delle Gravine di Castellaneta. Stiamo parlando della grande cisterna d’acqua, citata nel testo di Mons. Donato Colafemmina “Castellaneta Medievale, origini, fatti e aspetti particolari” già nota in un documento del 1468 ove in detto “foveario di San Pietro” veniva citata e che costituiva una preziosa riserva per il centro antico.
In passato le cisterne venivano costruite in suoli permeabili quali, ad esempio, quelli calcarenitici, a partire da uno scavo nel terreno a forma di bulbo, con una piccola apertura alla sommità (allo scopo di limitare il più possibile le inevitabili perdite per evaporazione), tale, però, da consentirne l’accesso per le operazioni di intonacatura, disinfezione e pulizia, ed un allargamento graduale nella parte inferiore per consentire di accumulare il maggior volume utile.
Nel caso specifico dell’antica cisterna in argomento, le pareti sono rivestite da intonaco idraulico al fine di renderla impermeabile. Questo fondamentale rivestimento era solitamente in cocciopesto, come d’altronde è ben visibile sulle pareti ove si conservano lacerti piuttosto determinanti per comprenderne anche la sua funzione. In passato altro aspetto fondamentale per il controllo della potabilità dell’acqua era l’uso di pesci di acqua dolce tra cui anche le anguille, la cui sopravvivenza all’interno della cisterna era funzionale. La grande cisterna che dava da bere agli abitanti del borgo antico fino a quando Castellaneta non ha potuto beneficiare dell’acquedotto, ha costituito una fondamentale riserva d’acqua.
Essa allo stato attuale è visibile solo in parte, in quanto un muro costituito da blocchi tufacei, l’ha divisa in due ma grazie ad indagini magnetometriche di superficie è stato possibile appurare che essa continua oltre ciò che attualmente è tangibile.
Siamo nella zona di San Domenico ed è qui che ultimamente sono state concentrate le ricerche, durante gli ultimi sopralluoghi, è stato rinvenuto all’interno di un ipogeo e fortunatamente conservato, anche un tratto del sistema di raccolta dell’acqua contenuta entro embrici di terracotta che come definisce la sua evidente pendenza, probabilmente serviva a convogliare il liquido in una grande cisterna – posta ad un’altezza più bassa – di cui oggi abbiamo tangibile testimonianza proprio nell’ambiente ipogeo individuato quale antica cisterna, risultato ottenuto anche grazie ai rilievi planimetrici delle cavità naturali ed artificiali attraverso apparecchiature di ultima generazione, effettuati dal Gruppo GASP (Gruppo Archeologia Speleologia Pugliese) della Sez. CAI di Gioia del Colle.
Come già affermato dalla Prof.ssa Maria Carla Cassone, storica locale, coordinatrice del gruppo di ricerca dell’associazione, “un giorno tutto questo lavoro sarà reso pubblico, frutto dell’impegno ed il gioco di squadra che ci vede protagonisti”, sarà come vivere un viaggio nella storia della Castellaneta Sotterranea, dalle origini ai giorni nostri. La ricerca continua.
📸 GiulianoClemente